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rivista semestrale

anno XXXVI - terza serie

numero 89

gennaio/giugno 2024

Jordi Valentini – Riccardo Donati, Apri gli occhi e resisti. L’opera in versi e in prosa di Antonella Anedda

[ Carocci, Roma 2020 ]

La necessità di identificare i “classici” – nonostante il ridimensionamento del canone nella sua accezione novecentesca – tra le scrittrici e gli scrittori dell’età contemporanea sembra essere un’operazione crescente di questi ultimi anni, attraverso la promozione di antologie, riedizioni, volumi di interviste e monografie. Se per un autore come De Angelis la bibliografia in tal senso è già ricca e in continuo aggiornamento, l’opera di Anedda risulta ancora frammentata e per questo ancora poco accessibile a un pubblico non specializzato. Lo studio di Donati colma quindi una lacuna negli studi contemporanei, proponendosi di presentare il carattere eccezionale di Anedda lungo tutta la sua produzione, analizzando la sua scrittura, il suo impegno critico e la sua biografia.

Il volume si divide in dieci capitoli che evidenziano tematiche e modalità espressive distintive dell’opera di Anedda. Quest’ultima è presentata in ordine non cronologico, rispondendo alla necessità di riferire il dialogo costante che l’autrice – nell’arco della sua produzione trentennale – intrattiene con sé e con altre voci di diversa provenienza. Delle sue pubblicazioni, Donati non si limita a segnalare le principali, ma conduce un lavoro attento anche ai materiali su rivista, agli studi di critica e alle interviste che l’autrice ha rilasciato, raccontandosi ed autocommentadosi. Delle presenze che incontrano la sua scrittura, sono soprattutto quelle non italiane – Moore, Celan, Cvetaeva, solo per citarne alcune – a essere puntualmente evocate: un’operazione che vuole segnalare il respiro internazionale di Anedda, che tramite la sua opera parla per e a un lettore ampio. Ciononostante, non si possono non menzionare – e Donati ricostruisce ampiamente – le influenze più prossime alla scrittrice: per esempio, il rapporto intellettuale e intimo che l’ha legata a Rosselli. La relazione con i «miti oggetti», il dialogo con la morte, la necessità di chi scrive di confrontarsi con i mali della Storia, sono solo alcuni dei temi che si susseguono in questo studio, che ricostruisce accurata- mente gran parte della critica già esistente sull’autrice. A queste letture si aggiunge la voce di Donati, che per ogni questione analizzata registra le nume- rose declinazioni lungo tutta l’opera di Anedda. Ne rileva le fonti e ne segnala le implicazioni etiche, non nascondendo l’ammirazione e il trasporto per il sog- getto trattato. La prosa di Donati, rigorosa nella presentazione dei materiali e nello sviluppo del discorso, è infatti a più riprese appassionata, enfatica. L’adesione allo studio e ai testi è manifesta, ma non per questo toglie valore al lavoro: semmai, dimostra che la riflessione di Anedda ha caratteri di estrema urgenza e attualità, che una lettura asettica non avrebbe compiutamente trasmesso – come qui giustamente si pretende – a un pubblico più ampio del- la ristretta cerchia degli specialisti. Ciò però non deve indurre a pensare che questo libro non si rivolga anche a questi ultimi: pur essendo questo studio una sorta di “invito alla lettura” – data l’ampiezza dell’opera e dei temi trattati – pure troviamo un’analisi approfondita degli stessi. Penso ad esempio alla definizione della Limba aneddiana (cap. 8), la cui «trasversalità interclassista» (p. 88) è rappresentata nello studio sintattico, metrico, stilistico: elementi che al pari del contenuto parlano per il mondo, in quello che Donati definisce «un italiano spoglio, franco, dolorante di realtà; una lingua messa a nudo, lavorata per rastremazione e addensamento di significati» (p. 85).

L’esercizio della scrittura non di ma per il mondo, caratteristico di Anedda, è ben riassunto in chiusura del volume: l’ultimo capitolo, brevissimo, è un commento alla poesia Se ho scritto è per pensiero, tratta da Notti di pace occidentale (1999). Tessendo le fila del discorso, Donati fornisce lungo tutto il volume, e anche in questa lettura conclusiva, una visione agile e di estrema lucidità su una delle scritture più feconde, e ancora pienamente operanti e inventive, della letteratura contemporanea.

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